Camillo De Lellis. Il “padre” degli infermieri
In questo periodo di emergenza socio-sanitaria, insieme ai medici, troviamo in prima fila, un esercito diffuso ed instancabile di infermieri, colpiti a loro volta dal coronavirus, testimoni, e ahinoi, a volte vittime del virus che ci sta affliggendo. A loro dunque dedichiamo il presente articolo.
I primi vagiti del servizio sanitario infermieristico
I criteri fondamentali del servizio sanitario infermieristico e di soccorso negli ospedali sono stati elaborati da San Camillo, al secolo Camillo De Lellis (1550-1614).
Nel sedicesimo secolo la vita dei malati negli ospedali era insostenibile, duramente maltrattati dai “serventi mercenari” (gli infermieri regolarmente retribuiti) come li definiva Camillo, che nella veste di Maestro di Casa dell’Ospedale San Giacomo degli Incurabili di Roma, con le buone e con le cattive tentava di umanizzarli, senza ottenere risultato alcuno.
Giunse allora alla convinzione che soltanto una “compagnia d’huomini pij, e da bene, che non per mercede, ma volontariamente e per amor d’Iddio servissero con quella charità et amorevolezza che sogliono far le madri verso i lor proprij figliuoli infermi”. Scrisse così le Regole per ben servire gli infermi definendo la figura ideale del religioso-infermiere (che poi diventerà la figura sanitaria canonica anche in campo laico) e creò la Compagnia dei Chierici regolari Ministri degli infermi che papa Gregorio XIV riconobbe come ordine con la bolla del 1591.
L’ospedale San Giacomo di Roma, il terzo della Roma medioevale, venne costruito per volontà del cardinale Pietro Colonna nel XIV secolo, dopo il Santo Spirito in Saxia e quello di San Salvatore, divenuto successivamente San Giovanni in Laterano. Edificato nel cuore dell‘antica Roma, nelle adiacenze del Mausoleo Augusteo e dell‘Ara Pacis – nasceva con la finalità di accogliere gli incurabili che gli altri 2 nosocomi non accettavano e nel XVI secolo con la bolla emanata da papa Leone X (1515) fu elevato ad Arcispedale, ricovero gratuito per gli incurabili di ogni età, sesso e classe sociale.
Dalla diavolata gente agli d’huomini pij e da bene
Le intenzioni erano buone ma le pratiche, come dimostrano le parole di Camillo non lo erano. I malati erano nella mani della “diavolata gente” scrive il biografo cinquecentesco Bernardino Cirillo. E dopo averle tentate tutte il futuro santo giunse alla convinzione che il lavoro infermieristico doveva essere completamente rinnovato ponendo al centro dell’attività la dignità del malato il quale in ospedale deve ricevere l’affetto e il calore “della casa perduta”.
Non si trattava di lavorare ma piuttosto di dedicarsi a una missione. La condizione dell’infermo doveva cambiare non soltanto all’interno del San Giacomo, ma in tutti gli ospedali. Una palingenesi universale, dunque, che Camillo non poteva realizzare da solo, ma con un movimento formato dai migliori, da quella compagnia “d’huomini pij e da bene” ma anche esperti sanitari che volontariamente e non per “mercede” si mettessero a disposizione per l’assistenza caritatevole e affettuosa degli infermi. E questi “serventi più charitativi” li trovò: un gruppo di uomini che decise di seguire Camillo “in vita et in morte, et stare al bene, et al male con lui”.
Un gruppo coeso che riconosceva nella missione la “propria identità di uomo e di cristiano” e come tali, scrive il biografo dell’epoca, Sanzio Cicatelli, dovevano essere riconosciuti nella Città, con un segno “né’vestimenti come a dire una Croce o altra simil cosa”. Il distintivo scelto fu la Croce Rossa: partendo dalla locuzione “Ecce homo” la congregazione camilliana poneva al centro del proprio operato Gesù e il Gesù della Croce, con le sue piaghe come le piaghe “de lì poveri impiagati dell’hospitale” e abbandonato come abbandonati erano gli infermi nel “putridume dei letti del San Giacomo”.
La confraternita di Camillo, così ferma e decisa ad apportare il cambiamento e il rinnovamento nella cura dei malati negli ospedali – che già allora erano complesse strutture socio-economiche – spaventò così tanto lo status quo che le fu proibito di riunirsi. Ma ebbe la meglio. Con il nome di Ministri degl’Infermi (comunemente detti camillini), la congregazione e il suo simbolo della croce rossa furono approvati da papa Sisto V nel 1586. Papa Gregorio XIV nel 1591 elevò la congregazione al rango di ordine e da allora i Ministri degli infermi, oltre ai tre voti comuni a tutti i religiosi (obbedienza, castità e povertà), emettono anche quello di assistere gl’infermi di qualunque malattia, anche contagiosa. Dal primo nucleo formato al San Giacomo, i camillini si moltiplicarono e operarono nei maggiori ospedali italiani: a Napoli, Nola (dove alcuni morirono sul campo per la peste dal 1594 al 1600), Palermo, Firenze, Ferrara, Milano, Genova.
Dai camilliani alla fondazione della Croce Rossa internazionale
Secondo alcuni storici i principi della congregazione camilliana così come il suo simbolo sono alla base dell’istituzione della moderna Croce Rossa internazionale, nata nella convenzione di Ginevra nel 1864 (sulla scia della battaglia di Solferino del 24 giugno 1859, considerata una delle più sanguinosa dell’Ottocento) e che riconosce l’assistenza ai feriti di guerra, secondo i principi fondamentali di umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontariato, unità e universalità.
La battaglia di Solferino, guerra d’Indipendenza italiana, coinvolse 3 eserciti, il francese, il sardo-piemontese e l’austriaco, in totale 300mila soldati che si scontrarono lasciando sul campo circa 100mila, tra morti, feriti e dispersi. I primi feriti furono trasportati a Castiglione delle Stiviere, a pochi chilometri da Solferino, dove esisteva un ospedale che nei primi 3 giorni ne accolse circa 9mila. Scrive Luciana Mellone sul sito camilliani.org che “è certo” che nell’ospedale “operassero i camilliani che di loro iniziativa, sotto la guida di Don Lorenzo Barzizza che si prodigarono all’assistenza e al soccorso”.
Lì si trovava anche lo svizzero Jean Henry Dunant, che rimarcò come il massacro bellico fosse aggravato dall’inesistenza della sanità militare e, quindi, dell’urgenza di creare una squadra d’infermieri volontari ma preparati che potesse operare nelle situazioni di guerra secondo il principio di neutralità dei feriti e quindi dell’assistenza e cura universale estesa anche ai nemici. Raccolse le sue idee e considerazioni nel testo Un Souvenir de Solferino, che venne tradotto in oltre 20 lingue.
Le idee di Dunant, ampiamente condivise, furono sostenute da un Comitato che portò prima al Convegno di Ginevra (26-29 ottobre 1863) dove nacquero le Società nazionali della Croce Rossa (l’italiana fu la quinta a formarsi), e nell’anno successivo alla 1° Conferenza diplomatica (8-22 agosto 1864) che terminò con la firma della Prima Convenzione che sancì la neutralità delle strutture e del personale sanitario sotto il simbolo della Croce Rossa. Sotto l’egida della Svizzera Federale la nuova organizzazione internazionale aveva (ha) sede in Ginevra.
Secondo Luciana Mellone “alla luce dei fatti storicamente accertati, niente di più facile fu per Dunant trarre ispirazione dal simbolo della Croce Rossa che già campeggiava sui petti dei Camilliani da oltre 3 secoli” ma soprattutto dall’unità d’intenti “che accomunarono e accumunano l’organizzazione internazionale con l’Ordine dei Camilliani nel nome della carità cristiana”.
Dalla Croce al Cristallo Rosso
La storiografia ufficiale, invece, sostiene che il simbolo della Croce Rossa si nata invertendo i colori della bandiera svizzera il rosso e il bianco. Ma la croce è il simbolo del cristianesimo, portatore intrinseco di un riferimento religioso. E, infatti, già nel 1876 l’allora Impero Ottomano (oggi Turchia) lo riteneva offensivo per i soldati musulmani e chiese al Comitato di aggiungere il simbolo della Mezza Luna, così come l’Iran propose il Leone e il sole, entrambi riconosciuti dal Comitato internazione nel 1929. Nel 1949 i 3 emblemi sempre rossi su sfondo bianco venivano sanciti dall’articolo 38 della Convenzione.
Fu allora che Israele, comprensibilmente, chiese il riconoscimento del segno distintivo della Stella di David. Ma a quel punto il Comitato internazionale temendo che non ci sarebbe stata più fine alle richieste e con l’esigenza di avere un unico emblema che distinguesse le persone, i veicoli e le basi protette su base umanitaria, ha creato un nuovo emblema accettato da tutte le nazioni con le loro religioni e culture. Dal 2005, approvato con il 3° Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949, è stato adottato l’emblema del Terzo protocollo o il Cristallo Rosso all’interno del quale si possono inserire i propri simboli.
Nell’Articolo 4 del 3° Protocollo si legge che il Comitato internazionale della Croce Rossa e la Federazione internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa “possono adottare il nuovo emblema “per facilitare il lavoro del proprio personale in circostanze eccezionali”.
Breve biografia di Camillo De Lellis
Camillo De Lellis nacque a Bucchianico (Chieti) il 25 maggio 1550. Presto orfano della madre Camilla, fervente religiosa e puerpera matura, cavaliere di ventura a 18 anni dapprima accanto al padre e seguendone le orme (il nobile abruzzese Giovanni), poi in una compagnia d’armi che lo portò a combattere ben oltre i naturali confini italiani, oltre alle avventure militari, Camillo amava senza riserve il gioco d’azzardo. Il suo primo contatto con la realtà ospedaliera la ebbe nel 1571 quando per colpa di una ferita al collo del piede destro venne ricoverato febbricitante al San Giacomo di Roma.
Superata la febbre e migliorate le condizioni della ferita (ma non guarita) forse perché assediato dai debiti di gioco, accettò l’offerta di lavoro fattagli dall’amministrazione dell’ospedale e divenne infermiere generico (al tempo servente) per uno scudo al mese. Ma durò poco, venne presto licenziato, perché infermiere distratto che dedicava più tempo al gioco “con i Barcaroli di Ripetta” di quello profuso nel lavoro.
Ritornò alle armi ma se dal padre aveva imparato l’arte della guerra, dalla mamma aveva appreso i principi religiosi che a tratti riaffioravano fino a condurlo a una violenta crisi spirituale che colse Camillo mentre cavalcava sulla via di Manfredonia e che lo convertì. Entrò nel Noviziato dei Cappuccini ma nel 1575 tornò al San Giacomo di Roma perché la ruvidezza dell’abito monastico gli riaprì la ferita della gamba destra. Era un uomo assai diverso questo Camillo nuovamente a Roma e nello stesso ospedale dopo 4 anni. E, infatti, diede prova di sé come ottimo infermiere.
Nel 1579 tornò nel monastero dei Cappuccini, ma dopo pochi mesi la ferita riapertasi lo riportò al San Giacomo e questa volta a 29 anni, non tornerà più indietro e dedicherà la sua esistenza alla cura degli infermi, rivoluzionando il concetto di assistenza corporale e spirituale dei malati. Nel 1582, diventato nel frattempo Maestro di Casa del San Giacomo, riunì intorno a sé i primi seguaci che condividevano i suoi criteri di assistenza e formò la confraternita dei Ministri degl’Infermi (comunemente detti camillini).
Nello stesso anno iniziò gli studi di latino presso il Collegio Romano e nel 1584 fu ordinato sacerdote. Due anni dopo il papa Sisto V, approvò la sua congregazione e il distintivo della croce rossa. Nel 1591 per volontà di papa Gregorio XIV la congregazione divenne ordine e Camillo viene eletto prefetto generale dell’ordine a vita. Continuò a prodigarsi per gli infermi insieme ai suoi Ministri, durante le carestie e le epidemie che colpirono l’Italia alla fine del XVI secolo giungendo alle fine della sua esistenza nel 1614 a Roma, nella casa madre del suo ordine la Maddalena, dove è stato sepolto.
Nel 1746 papa Benedetto XIV lo canonizza. Nel 1886 papa Leone XIII lo proclama patrono di tutti gl’infermi e ospedali cattolici.
Fonti: San Camillo, il coraggio di osare; San Giacomo; Camillo De Lelli, Enciclopedia Treccani, L’annosa questione della paternità della Croce Rossa; Croce Rossa; Terzo Protocollo, Wikipedia
Immagini dall’alto: 1) San Camillo De Lellis pone in salvo gli ammalati del Santo Spirito dipinto di Pierre Subleyras (1746); 2) Jean Henry Dunant; 3) i 3 emblemi della Croce Rossa; 4) San Camillo; 5) Roma, Santa Maria Maddalena in una incisione di Giuseppe Vasi del 1758
Molto interessante. Sono venuta a conoscenza di una storia a me ignota e molto utile. Complimenti!