La nostalgia per una voce del calcio che non c’è più
Nostalgia: un sentimento, un rimpianto per ciò che è stato e che ogni tanto si vorrebbe rivivere. È sicuramente collegata a un’emozione che nel passato avevamo inserito come un semplice “spazio” nella nostra vita e alla quale non avevamo dato importanza mentre oggi ci riporta indietro negli anni, quando bastava poco per sentirsi al centro del mondo.
Così nel leggere la notizia della morte di Bruno Pizzul e di quei ringraziamenti che i figli hanno rivolto a tutti coloro che hanno voluto ricordare con parole affettuose il loro padre, ho aperto il mio “libro” dei ricordi e mi sono “tuffata” in un mare di emozioni.
Il 26 settembre1976 era domenica e spinta, come sempre, dalla mia passione per il calcio (da 15 anni scrivevo sulla Gazzetta dello sport) mi trovai a Monza e quell’anno la squadra della città era tornata in Serie B e si accingeva, diretta da Magni, a fare un buon campionato.
Aveva avversarie di una certa caratura, quali il Lanerossi di Paolo Rossi e il Cagliari di Virdis. Ricordo, la gara era Monza – Novara e io salii i gradoni dello stadio un po’ in anticipo sull’inizio della partita. Chissà perché mi sedetti sotto la postazione riservata ai giornalisti, ma ero curiosa di ascoltare come avvenivano i collegamenti via radio nella trasmissione “Tutto il calcio, minuto per minuto”.
“Pronto Pizzul, a te la parola” e così da Ameri a Martellini, da Ciotti a Moretti, da Bortoluzzi a Provenzali era un passa parola che le radioline, poste all’orecchio dei tifosi, trasmettevano come se quel mondo volasse sull’etere.
Io, pur rimanendo in silenzio, mi sentivo partecipe di qualche cosa di straordinario.
Oggi ricordo quel pomeriggio proprio con nostalgia, con il rammarico di non aver salutato personalmente quel gran giornalista che ha lasciato questo mondo dopo avergli impresso un’orma irripetibile: di come fare le telecronache, con linearità e semplicità di parole che descrivevano azioni, calciatori, arbitri in modo umano e chi le ascoltava era partecipe in prima persona all’avvenimento.
Non ebbe la fortuna di commentare la finale di un campionato del mondo ma partecipò a 5 mondiali e a 4 europei.
Emozionante fu la telecronaca della semifinale di Coppa dei Campioni vinta dal Milan per 5 a 0 sul Real Madrid.
Lasciò il suo rapporto con le telecronache televisive nel 2002 ma continuò a commentare di calcio in moltissime trasmissioni e, la sua voce armoniosa e pacata, continuava ad essere, sempre, molto apprezzata.
Diede, recentemente, un giudizio sul giornalismo odierno che definì troppo pieno di “esperti” che parlano di calcio, di tecnica, di gioco offensivo, di forza fisica, di moviola ma che non riescono più a raccontare emozioni: mancano, diceva, quelle voci che ti facevano “vedere” Gigi Riva, Paolo Rossi, Gianni Rivera, Sandro Mazzola come super uomini.
Quel suo grande ed educato comportamento, quella voce chiara, elegante e suadente ci e mi mancheranno.
Forse era un giornalismo d’altri tempi, ma quanta nostalgia di quegli anni che, sembra, non torneranno più.
Ciao Bruno! Fai buon viaggio!