8 marzo. Il grido collettivo e transnazionale: non una di meno

Ni una menos è il movimento transnazionale nato in Argentina nel 2015 contro la violenza maschile che si esprime nella sua forma più crudele nel femminicidio.
In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale della donna, il movimento, da 3 anni,  indice uno sciopero globale al quale aderiscono, ormai, 70 Paesi al mondo e, da quest’anno, anche l’Italia, organizzato dal movimento Non una di meno.

Tanti i motivi per incrociare le braccia oltre alla violenza di genere in questo 2019: fra questi  il decreto Sicurezza e l’attacco all’aborto libero, sicuro e gratuito, garantito in Italia dalla legge 194.   Sempre sotto attacco e costantemente boicottata la 194, oggi, sembra messa in bilico dalle stesse forze conservatrici che formano un Governo, ha scritto Natalia Aspesi su La Repubblica, “patriarcale, misogino e razzista” che interagisce con le amministrazioni locali.  Ne è un esempio la mozione approvata dal Consiglio comunale di Verona nell’ottobre 2018, che ha dato via libera al documento presentato dalla Lega e sottoscritto dal sindaco Federico Sboarina che prevede lo stanziamento di fondi alle associazioni cattoliche per iniziative contro l’aborto.

Mentre scriviamo, apprendiamo che per l’8 marzo 2019 in Italia sarà sciopero generale in diversi settori, soprattutto in quello dei trasporti, che causerà numerosi disagi. Una concomitanza, dunque, con la mobilitazione del movimento Non una di meno che non gioverà alla protesta femminile, che meriterebbe, invece, attenzione,  partecipazione e sensibilizzazione come testimoniano i fatti.

I numeri della violenza sulle donne, infatti, fanno sempre impressione: secondo i dati resi noti dalla polizia nel novembre scorso, nei primi 8 mesi del 2018 le donne uccise sono state 94; 8.414 i casi di stalking; 10.204 le denunce per maltrattamenti in famiglia e 8.718 per percosse; 2.977 i casi di violenza sessuale.

E per rimanere sull’attualità la Corte di appello di Bologna ha dimezzato la pena – da 30 a 16 anni – a Michele Castaldo, omicida reo confesso di Olga Matei per le attenuanti generiche e perché l’imputato commise il delitto “in preda a una tempesta emotiva e passionale”.  L’uomo aveva confessato di aver strangolato la Matei a mani nude per motivi di gelosia: i giudici della sentenza di II grado hanno considerato la gelosia un’attenuante? Se così fosse, è stato il coro unanime di sdegno, sarebbe un  ritorno al famigerato “omicidio d’onore” abrogato in Italia soltanto nel 1981.

Il giudice della Corte di appello, Giuseppe Colonna ha poi spiegato che la gelosia “non è stata considerata motivo di attenuazione ma di aggravazione” mentre tra i motivi  che hanno dimezzato la sentenza è stato considerato  il fatto che Michele Castaldo abbia confessato;  e di aver  sofferto di disagi mentali ed esperienze traumatizzanti (morte del figlio per leucemia e dei genitori) che lo hanno portato al tentativo di suicidio (per cui era seguito da un centro di igiene mentale) e per aver iniziato a risarcire il danno alle parti civili.

Il 4 marzo la Procura generale di Bologna ha dichiarato che farà ricorso in merito alla sentenza della Corte di assise di appello chiedendo alla Suprema Corte di valutare la correttezza  dei principi espressi della sentenza.

 

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