sussidiarietà, la rivoluzione costituzionale silenziosa
Sussidiarietà ovvero: il principio con il quale rifondare la nostra democrazia creando cittadini “nuovi”. Detta così, pare un proclama. In realtà, è una “rivoluzione” possibile, ma finora piuttosto disattesa, che è scritta nella nostra Costituzione dal 2001, e che ha portato per adesso frutti contraddittori.
Costituzione, dove?
Il principio di sussidiarietà è regolato sin dalla riforma costituzionale – lo dicevamo – del 2001 dal “nuovo” 4° comma dell’articolo 118 della Costituzione italiana il quale prevede che “Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarità” (articolo che la riforma sulla quale voteremo domenica 4 incide soltanto cassando la parola “Province”).
Tale principio implica che le diverse istituzioni debbano creare le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività. Perché di questo stiamo parlando: del sostentamento comunitario di attività volte al conseguimento del benessere condiviso.
Di una liberalizzazione ideologica dei beni comuni basata sul presupposto che “le persone siano portatrici non solo di bisogni ma anche di capacità e che è possibile che queste capacità siano messe a disposizione della comunità per contribuire a dare soluzione, insieme con le amministrazioni pubbliche, ai problemi di interesse generale”. Quest’ultimo virgolettato è ripreso pari pari dall’incipit della pagina “Chi siamo” del sito del progetto LabSus, www.labsus.org, ovvero del Laboratorio sulla Sussidiarietà.
LabSus: c’è chi ci pensa
Il Laboratorio sulla Sussidiarietà, una sorta di fucina pensante su questo tema, ha trovato il proprio motore e promotore nel Comune di Bologna che per primo, nel febbraio del 2014, si è dotato di un “Regolamento sulla Collaborazione tra Cittadini e Amministrazione per la Cura e la Rigenerazione dei Beni Comuni urbani“. Da allora, è stato come un fiume in piena: quella prima esperienza bolognese ha rotto l’argine della mancanza di iniziativa legislativa territoriale e, ad oggi, ben 104 comuni si sono dotati un analogo strumento (e altri 73 ne hanno attivato la procedura per una prossima approvazione).
Il laboratorio, nato a Bologna sotto la spinta di diverse esperienze del volontariato associato e dell’attività partecipativa (per conoscerne i soci fondatori clicca qui) si è così visto riconoscere il ruolo di promotore conoscitivo, fornitore di know how, per esperienze di regolamenti partecipativi che vanno da nord a sud, da piccolissimi comuni a grandi realtà metropolitane. A dotarsi di un Regolamento, infatti, subito dopo Bologna sono state, in questo ordine cronologico, Siena, l’Aquila e Casal di Principe. E poi via via molti, moltissimi altri, da Orvieto a Brindisi, da Pomezia a Trento, da Torino a Brescia, da Pistoia a Pordenone. E si stanno per dotare di uno strumento del genere anche le mega città, come Roma e Milano.
La sussidiarietà è un movimento
La sussidiarietà, questo principio che – come molte parti della nostra Costituzione – rischiava di essere disatteso, è diventato così, dopo 13 anni dall’approvazione di quel 4° comma dell’articolo 118, un argomento di discussione. Il motivo è molto semplice: perché esistono centinaia di associazioni, gruppi di persone che vogliono collaborare prendendosi cura di spazi pubblici, giardini e orti urbani, e in qualche caso anche di beni architettonici che fanno parte del nostro patrimonio culturale. Beni comuni, di tutti, e occasione di incontro e relazioni sociali tra persone. Il che è manna dal cielo per la politica e la società in tempi di crisi di rappresentanza e rappresentatività che si traduce in un astensionismo da far tremare i polsi. Per questo, è normale che le istituzioni illuminate possano vederci un’occasione di rinascita e riconquista del proprio ruolo sociale.
Anche perché la sussidiarietà, così come è stata inserita nel nostro ordinamento, può essere vista – come scrivono sul sito di CittadinanzAttiva – come un duplice motore acceso “in due sensi:
- in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più vicini al cittadino e, quindi, più vicini ai bisogni del territorio;
- in senso orizzontale: il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più vicine”.
Ecco perché le Pubbliche amministrazioni capaci di comprenderne il significato profondo plaudono alla diffusione dei regolamenti sollecitata dal LabSus e dall’esperienza bolognese: perché “il Regolamento – come troviamo scritto sul sito www.forumpa.com – sta valorizzando e liberando energie in tutto il Paese, dimostrando che prendersi cura dei beni comuni materiali (parchi, portici, piazze, beni culturali) e immateriali (cultura, memoria collettiva, integrazione, sport) conviene perché da essi dipende la qualità delle nostre vite”.
Attivarsi si può
Tutto questo può sollecitare e solleticare – è una nostra speranza – più di un lettore per vedere se e come il suo Comune, o la sua Regione, si siano dotati di strumenti di sussidiarietà, e magari sollecitarne l’applicazione e la diffusione. Ecco, se questo è o può diventare il vostro intento, una buona idea può essere anzitutto cliccare sul sito del LabSus, che ha una nutrita sezione “Partecipa“. Oppure chiedere all’Urp del proprio Comune, o – se vi si partecipa – ai vertici della propria associazione, se il proprio territorio è fornito di Regolamenti, atti o Enti preposti a sollecitare, invogliare e governare esperienze di sussidiarietà in senso orizzontale. Perché magari non se ne è sentito parlare, o è mancata comunicazione pubblica e istituzionale, e qualcosa sta già accadendo a casa nostra, o poco più in là.
Per saperne di più
Per saperne di più su questa tema possiamo proporvi alcuni spunti:
Interessantissimo come sempre i vostri articoli ! Credo che chi opera e si muove in quest’ottica, vince sicuramente anche l’isolazionismo che il nostro mondo tende a generare: sto nel mio cerchio, spesso oggi non lavoro, guardo la TV, mi rompo e quindi è più facile che mi venga voglia di sballare ecc. ecc. Intorno a me, il vuoto.
In questo movimento circolare vedo una grande risorsa, da stimolare …