Cubbit. Rendere green i data center

Internet 3.0, cloud storage, tecnologia distribuita. Nonostante siamo nel 2021, a una lettura superficiale ci potrebbero apparire termini opachi, quasi oscuri che sembrano attentare alla nostra “umanità”, ma in realtà se ci avviciniamo con prudenza, ma attivi nell’ascolto verso la tecnologia, possiamo scoprire  vivai di iniziative sostenibili e vigorose.

In questi ultimi anni si parla molto di cloud storage, termine inglese, letteralmente, immagazzinamento su nuvola informatica, che indica una modalità di conservazione di dati, non più tramite dispositivi fisici come chiavette USB,  dischi rigidi, ma archiviati in modo esterno al proprio pc, usando uno spazio online, grazie alla costruzione di una infrastruttura IT,

Cubbit start up italiana, si occupa di cloud storage e, in quanto tale, è  fornitore europeo.

A vedere il dispositivo creato da Cubbit, sembra un classico hard disk, ma in realtà possiede una straordinaria potenza di archiviazione (512Gb). A questo straordinario dispositivo è possibile collegare altri hard disk esterni, raggiungendo una capacità massima di 4Tb. Terabyte è l’unità con cui di solito si misurano i i sistemi di archiviazione, 1 TB corrisponde a 1.000 gigabyte (GB) o 1.000.000 di megabyte (MB).

La rete Cubbit è composta da tutti questi dispositivi. I dati vengono copiati, divisi, criptati e distribuiti fra tutti i dispositivi collegati, un’autentica tecnologia distribuita.

A co-fondarlo, 4 ragazzi con formazione diversa: Alessandro Cillario in giurisprudenza, Stefano Onofri in management, Marco Moschettini in ingegneria informatica, Lorenzo Posani in fisica. Ancora una volta,  la squadra e la multidisciplinarietà, si sono dimostrati due elementi fondamentali, per un’innovazione ecologica da ogni punto di vista.

Ne abbiamo parlato con con Alessandro Cillario, il giurista dell’ingegnoso gruppo.

Cubbit: provider europeo di cloud storage, è partner del progetto Europeo Gaia-X, nella costruzione del web 3.0.  Potrebbe spiegare in breve che cosa si intende per Web 3.0?

Con Web 3.0 ci riferiamo all’internet del futuro, basato sulla combinazione tra tecnologie centralizzate attualmente esistenti e nuove tecnologie distribuite.

Qual è il vostro ruolo nell’ambito del progetto europeo Gaia-X? 

GAIA-X è un’organizzazione europea senza scopo di lucro che ha l’obiettivo di creare e implementare una nuova infrastruttura di dati di prossima generazione per l’Europa, al fine di promuovere la sovranità dei dati digitali degli utenti europei dei servizi cloud. Si basa sui valori europei di trasparenza, apertura, protezione dati e sicurezza.

Cubbit è partner del progetto e sta contribuendo a disegnare – insieme agli altri – le linee guida che saranno alla base dei nuovi servizi di cloud comunitari.

Come è nata l’idea e la successiva realizzazione di Cubbit?

Noi co-fondatori – CTO Marco Moschettini, Alessandro Cillario e Stefano Onofri entrambi co-CEO e Lorenzo Posani, PhD – ci siamo conosciuti attraverso il Collegio Superiore dell’Università di Bologna e, pur avendo seguito percorsi accademici diversi, condividevamo una convinzione, ovvero che l’internet del futuro dovesse avere il compito di risolvere le proprie contraddizioni.

La privacy dovrebbe essere garantita come un diritto fondamentale e inalienabile, e il digitale dovrebbe essere ripensato per rendere la sua carbon footprint (parametro usato per stimare le emissioni gas serra causate da un prodotto o servizio, ndr) sostenibile.

La strada maestra per ottenere questi risultati è l’introduzione delle tecnologie distribuite Web 3.0 nel mondo ICT: soluzioni che by design garantiscano sicurezza, privacy e tutela dell’ambiente. Su questa idea, abbiamo posto le fondamenta di Cubbit.

In che modo il vostro sistema di storage non è inquinante come la maggior parte dei data center esistenti?

Cubbit non utilizza data center fisici. Abilita invece data center distribuiti, in grado di connettere le risorse internet (hard disk inutilizzati, computer, router etc etc), già presenti nelle case e nelle aziende (in particolare lo storage e la banda internet).

La sua tecnologia zero-knowledge ( per conoscenza zero, si intende un protocollo digitale che permette la condivisione di dati senza l’uso di una password, ndr), la privacy by design e la sua architettura tutela l’ambiente, in quanto consente di abbattere le emissioni di CO2 grazie all’assenza di data center fisici (fino a 40.000 kg di emissioni CO2 evitate all’anno per ogni Petabyte salvato, come è emerso nel corso della stesura del nostro green paper: The carbon footprint of distributed cloud storage

Dunque non avete nessun tipo di data center fisici. In che modo avviene l’immagazzinamento dati?

Esatto, Cubbit non utilizza data center fisici: abilita, invece, data center distribuiti in grado di connettere le risorse internet già presenti nelle case e nelle aziende.

Il suo software consente di trasformare qualsiasi dispositivo (server, computer, router, dispositivi IoT, etc.) in uno dei nodi della rete Cubbit. In alternativa, per accedere al servizio è possibile collegare una Cubbit Cell, dispositivo proprietario plug and play (collega e usa).

Cubbit ha accesso ai contenuti degli utenti?

I dati salvati nel cloud distribuito di Cubbit vengono ridondati, cifrati, e dislocati in modo ottimizzato sulla rete. Alla distribuzione dei dati viene inoltre applicata una tecnologia di cifratura zero-knowledge: questo significa che Cubbit stesso, che agisce da cloud provider, non può accedere in nessun modo ai contenuti degli utenti. Stiamo parlando di una tecnologia che nessuno dei grandi provider utilizza.

I file salvati sulla rete Cubbit sono cifrati, frammentati, invisibili e irriconoscibili per chiunque non ne sia il legittimo proprietario. La tecnologia pertanto non solo garantisce conformità a GDPR (regolamento generale sulla protezione dei dati) e CCPA (California Consumer Privacy Act), ma va oltre, offrendo livelli di privacy by design and by default (protezione per impostazione predefinita).

Quali sono i maggiori fattori di differenziazione rispetto ai data center esistenti?

Costi ridotti, massima privacy, sostenibilità ambientale. La stragrande maggioranza dei servizi di storage, pur essendo costosi, non garantiscono la zero knowledge dei dati: possono accedere ai dati dei propri utilizzatori, cosa che la nostra tecnologia non consente in alcun modo di fare.

Questo garantisce maggior tutela anche in caso di eventuali attacchi hacker: non c’è possibilità che i dati vengano divulgati perché con la nostra soluzione sono frammentati, cifrati e distribuiti. Inoltre, i grandi server di storage producono grande quantità di CO2. Il cloud distribuito invece riduce questo impatto.

Se posso chiederlo, quali sono le vostre fonti di finanziamento?

Essendo la nostra una startup deep tech, il principale investimento da fare era in ricerca e sviluppo. Nei primi anni gli investitori siamo stati noi, e abbiamo impiegato il nostro tempo e le nostre risorse per creare questa tecnologia. Fortunatamente, sono arrivati tanti riconoscimenti, premi e bandi prestigiosi che abbiamo vinto, e che ci hanno permesso di poter poi accedere al mercato degli investitori istituzionali.

Abbiamo vinto il Premio Barletta a Roma e il prestigioso Premio Nazionale Innovazione, dedicato a progetti di ricerca dal grande potenziale. Abbiamo vinto il concorso Climate Kic dell’Unione Europea, dedicato a startup del mondo green, e la Tim Call for Startups.

Siamo stati la prima startup italiana a ricevere investimenti da Techstars, uno dei tre più importanti acceleratori al mondo per startup, e da Barclays, istituto finanziario internazionale, partecipando con loro a un programma di 4 mesi dedicato alla cybersecurity a Tel Aviv, Israele.

Abbiamo anche vinto il premio Mastercard Award e il Bando Regionale per lo sviluppo startup dell’Emilia Romagna.

Abbiamo lanciato una campagna di reward crowdfunding su Kickstarter e Indiegogo per lanciare il prodotto Cubbit Cell, grazie alla quale abbiamo raccolto più di 1.000.000 di euro, entrando nel top 1% delle campagne più finanziate di sempre.

Ci siamo aggiudicati 1,9 milioni di euro vincendo lo SME Instrument Fase 2 di Horizon 2020, competizione dell’Unione Europea destinata a finanziare i progetti tecnologici di alto potenziale in tutta l’UE.

Nel triennio 2018-2020, solo 33 aziende italiane hanno ottenuto tale finanziamento.

Abbiamo appena chiuso un round di 7 milioni di euro tra aumento di capitale, Strumenti Finanziari Partecipativi e debt (rispettivamente 3,5 milioni, 2,4 milioni e 1,1 milioni).

Abbiamo raccolto finora oltre 10 milioni di euro.

Mi può spiegare l’origine del nome Cubbit?

Si tratta della combinazione di due parole: Cubby (o Cubbyhole), lo stanzino in cui i ragazzini a scuola lasciano le loro cartelle al sicuro + Bit, che in informatica indica una cifra binaria, ovvero uno dei due simboli del sistema numerico binario (0 e 1). E Cubbit è proprio uno spazio sicuro dedicato a file e cartelle degli utenti.

 

 

 

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