Basotho Cultural. Quando un villaggio diventa un museo
Il Sud Africa si caratterizza per i suoi musei – villaggi diffusi. Una peculiarità del posto che permette di conoscere appieno le sue svariate culture e l’influenza che hanno avuto sulla sua società complessiva.
Sono luoghi culturali nati per divulgare ma anche intrattener e per questo è possibile alloggiare e instaurare così un rapporto diretto con gli abitanti che si adoperano per illustrare i loro usi e costumi.
Tra i tanti villaggi-diffusi, cattura l’attenzione il Basotho Cultural Village, per i colori e le decorazioni delle sue costruzioni.
Sorge ai piedi della catena montuosa Basutoland, a 50 chilometri della città di Harrismith nella provincia del Free State, ed è lo scrigno della cultura Sotho a sua volta influenzata da quella nguni.
Cultura che ha iniziato ad acquisire importanza a partire dai primi decenni dell’Ottocento quando il clan Sotho originario si fuse con i fuggitivi (soprattutto Cwana) che giunsero sui monti per l’avanzare degli zulu.
Insieme divennero un solo popolo con cultura e lingua omogenee dedito alla agricoltura e alla pastorizia, organizzato in clan e tribù secondo l’età e, in prevalenza, per patrilinearità.
Moshesh
A renderlo un solo popolo dei BaSotho o BaSuto e il più evoluto tra i gruppi etnici dell’Africa meridionale fu il famoso capo indigeno Moshesh (nato a inizio Ottocento nel Basutoland), che riuscì a sedare le fazioni e a respingere i nemici esterni come gli Zulu, gli Ottentotti e i Boeri organizzandolo militarmente e dotandolo di una stabile struttura amministrativa anche se nel 1867, tre anni prima della sua morte si sottomise agli inglesi che avevano occupato la regione fin dalla fine del Settecento.
Gli europei
Il Sud Africa fu scoperto dall’esploratore portoghese Vasco de Gama nel 1497. Fu colonizzata nel 1652 dalla Compagnia della Indie Orientali olandese che nel 1691 ufficializzava la “Colonia del Capo”. Gli inglesi occuparono il Capo nel 1795, nel 1820 fondarono Port Elizabeth e nel 1889 estesero il loro dominio in tutto il Paese.
Il Governo di etnia bianca al termine del secondo conflitto mondiale istituì l’Apartheid (separazione) la politica di segregazione razziale rimasta in vigore fino al 1993, nonostante fosse stata dichiarata dall’Onu nel novembre 1973, crimine internazionale.
Il nero Mandela e il bianco de Klerk, quando si raggiunge la meta insieme
La segregazione razziale verso l’etnia nera porto il Sud Africa all’isolamento internazionale superato soltanto nel 1990, quando Frederik Willem De Klerk, a capo del National Party, il 2 febbraio riabilitò i gruppi politici di opposizione al regime, incluso l’ANC il movimento dei neri sudafricani e il successivo giorno 11 il leader Nelson Mandela veniva liberato per diventare nel 1994 il primo presidente nero del Sudafrica.
Immagini. Sudafrica: 1-2) costruzioni tipiche del Basotho Cultural Village; 3) al centro Frederik Willem De Klerk stringe la mano a Nelson Mandela, come capi, rispettivamente del National Party e dell’ANC superarono l’Apartheid