Bernardino Ramazzini. Primo medico del lavoro

Il padre-fondatore della medicina del lavoro – mondialmente riconosciuto come tale – è Bernardino Ramazzini nato a Carpi nel 1633, autore del primo trattato sulle malattie del lavoro, il De Morbis Artificum Diatriba, pubblicato nel 1710 e da allora considerato la pietra miliare della letteratura medico-scientifica.

Il Trattato contiene l’analisi di 53 lavori, il metodo di analisi specifico per la valutazione del rischio e la metodologia per prevenire l’insorgenza delle malattie conseguenti alla professione. L’intera opera di Ramazzini ha dimostrato l’importanza della prevenzione e la necessità della sanità pubblica universale.

La fortuna in vita 

Medico, accademico, scrittore, Ramazzini, proveniente da una agiata famiglia del modenese, dopo aver studiato presso i gesuiti, a 19 anni si recò all’Università di Parma dove a 26 anni ottenne il dottorato in medicina e filosofia. Si perfezionò nella professione di medico presso gli ospedali romani.

Quindi accettò la condotta medica delle cittadine di Canino e Marta, nel viterbese (allora Ducato di Castro della Casa Farnese), costretto poi a lasciare, a causa della malaria.

Tornato a Carpi, dove si sposò con Francesca Righi con la quale ebbe 3 figli, si stabilì a Modena esercitando la professione di medico. Nel 1682 fu eletto primo professore di Medicina teorica dell’università della città.

In contatto con i dotti del suo tempo, membro di molte accademie, ricevuto il diploma di Terzo Ippocrate dall’Accademia Imperiale Leopoldo-Carolina de Naturae Curiosorum di Vienna, nel 1700, su invito della Repubblica Veneta, Ramazzini divenne prima titolare della cattedra di medicina teorica, poi rettore del collegio medico e, quindi professore della prima cattedra di medicina pratica dell’Università di Padova, città dove mori nel 1714.

La salute malferma e i gravi problemi alla vista non gli furono d’impedimento a studiare, curare, insegnare e scrivere fino alla fine della sua vita.

Le Costituzioni epidemiche

Dal 1690 – 1694 Ramazzini redasse le Costituzioni epidemiche, considerate un contributo fondamentale, quanto gli elaborati di Ippocrate. In tali pubblicazioni – i rapporti annuali sulle malattie registrate nel territorio modenese – l’illustre medico sollecitava la necessità di adottare misure più efficaci per la prevenzione, posto che i rimedi medici non producevano alcun effetto, dimostrando l’urgenza che lo Stato si occupasse permanentemente della salute della sua popolazione e non soltanto in occasione delle epidemie.

Per Ramazzini si doveva sviluppare una legislazione civile che tutelasse la salute dei lavoratori affiancata alla medicina preventiva (secondo le caratteristiche del lavoro).

Le sue Costituzioni epidemiche servirono da esempio per vari Paesi d’Europa.

Il trattato sulle malattie del lavoro (De Morbis Artificum Diatriba)

Gli storici individuano i prolegomeni del suo capolavoro De Morbis Artificum Diatriba nel corso universitario omonimo che l’illustre magister svolse negli anni accademici 1690-91 a Modena. Lo deducono dalla corrispondenza scambiata con il coetaneo Antonio Magliabechi, letterato ed erudito fiorentino, dove Ramazzini parla della sua opera.

Dalle stesse missive si è dedotto che Ramazzini impiegò 10 anni per scrivere il Trattato e che l’abbia terminato all’età di 67 anni e circa 40 di esperienza medica.

La prima pubblicazione di De Morbis Artificum, edita dai tipografi Capponi nel 1700, consta di 40 capitoli, più una dissertazione sulle malattie degli intellettuali. Nella seconda e ultima pubblicazione del 1713, redatta dall’autore, appare il Trattato sulle malattie dei lavoratori: supplemento di 12 capitoli dedicati ad altrettanti gruppi di lavoratori, scritto appositamente per l’edizione padovana dove furono omessi il capitolo sulle malattie dei muratori e la dissertazione sulla malattie delle monache.

Lo stesso Ramazzini dichiarò che l’ispirazione per l’elaborazione del Trattato la trasse dall’osservazione degli addetti allo svuotamento delle fogne all’opera: un’attività che procurava gravissimi disagi, malattie e perfino la morte.

Un controsenso, rifletté Ramazzini, lavorare per procurarsi il cibo e, quindi, per prolungare la propria vita, quando poi era la stessa attività a procurare la morte: finire per maledire il lavoro in cui si erano investite le proprie aspettative di vita. Quando invece chi svolgeva un lavoro, fosse esso intellettuale o manuale, avrebbe meritato di essere tutelato e sostenuto, e di ricevere incentivi e privilegi perché era grazie ai lavoratori se lo Stato e le città erano ricchi.

La mostra di Modena

A questo grande medico innovatore e anticipatore, Modena gli dedica fino al 6 gennaio 2021 la mostra Bernardino Ramazzini. Primo medico del lavoro, presso i Musei di Palazzo dei Pio di Carpi, dove l’esposizione delle prime edizioni dei suoi libri e documenti originali, è correlata dai quadri dei grandi Guercino, Antonio Cifrondi, Giuseppe Graziosi che raccontano l’ambiente in cui Ramazzini ha lavorato.

La mostra, curata da Manuela Rossi e Tania Previdi, è stata ideata e prodotta dal Comune di Carpi – Musei di Palazzo dei Pio in collaborazione con l’Archivio storico comunale e Biblioteca multimediale Loria di Carpi e patrocinata dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia,  e dell’Università Padova.

 

Per approfondimenti sulla figura di Bernardino Ramazzini

Meglio prevenire che curare – Il pensiero di Bernardino Ramazzini, medico sociale e scienziato visionario di Giuliano Franco

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