“Toilet: a love story” ma non solo
Bollywood (l’industria cinematografica hindì, con sede a Bombay) cambia registro. Messe da parte le celebri pellicole romantiche, canterine e ballerine, con la produzione di Toilet: A love story, affronta 2 temi sociali indiani di stringente importanza: l’emergenza sanitaria e, indirettamente, la violenza sulle donne.
Il film in questione è nelle sale cinematografiche indiane dall’11 agosto 2017. Si tratta di una storia d’amore, come indica il titolo, ma incentrata sul problema, serissimo, di non avere la toilette in casa, perché secondo un’antica convenzione di carattere religioso, defecare fra le mura domestiche contamina la purezza dell’ambiente.
Per rispettare la tradizione, dunque, non soltanto gli strati più poveri della società ma quasi 700 milioni d’indiani, circa la metà dell’intera popolazione, espletano i propri bisogni corporei all’aria aperta.
La trama del film racconta di un marito innamorato che rischia di vedere naufragare il suo matrimonio, quando la neosposa (l’attrice Bhumi Pednekar) viene a sapere che la casa dove vivranno è provvista di toilet. Il marito, interpretato dall’attore Hindi Akshav Kumar, non vuole perdere la moglie, né vuole contrapporsi alla propria famiglia d’origine che per convinta devozione si rifiuta di avere il wc in casa. Quindi s’ingegna e propone di costruire bagni pubblici per tutto il villaggio.
La storia del film, apprendiamo dall’agenzia britannica reuters, trae origine dalla campagna Swachh Bharat Abhiyan (o Clean India Campaign) promossa dal primo ministro indiano Narendra Modi che ritiene la defecazione all’aperto uno dei maggiori problemi che affliggono la sanità nazionale; la campagna mira a fornire servizi igienici per tutti per eliminare entro il 2019 la defecazione all’aperto.
L’impresa è molto impegnativa, ma più che necessaria. Si stima che sono circa 68mila i bambini sotto i 5 anni che muoiono ogni anno a causa di malattie diarroiche conseguenti all’acqua contaminata. Secondo l’associazione internazionale WaterAid, è necessario costruire reti fognarie per 76 milioni d’indiani, che ancora non hanno accesso alle reti idriche. Modi, che ha promosso la campagna nel momento stesso in cui è stato eletto primo ministro (2014), ha in programma la costruzione di 12 milioni di bagni nelle aree rurali per un esborso pari a 30 miliardi di euro. Entusiasta di Toilet: a love story, Modi ha elogiato pubblicamente il film e, nell’incontro con il cast ha rilevato l’importanza del suo contenuto a favore dell’igiene.
La Sterling Media, l’agenzia di promozione del film, ha evidenziato come il film metta in luce anche il problema della sicurezza delle donne, la loro dignità e l’esigenza di veder rispettare la loro privacy. E soprattutto il fenomeno, molto diffuso, dell’abuso sessuale sulle donne che si registra quotidianamente su vittime di qualsiasi età, censo o casta. Nelle mura domestiche o per la strada.
A niente sembrano servire le nuove leggi adottate nel 2013, che prevedono fino la pena di morte nei casi di stupro efferato o che causano alla vittima uno “stato vegetativo permanente”. Anche perché come denuncia da tempo l’associazione internazionale Human Rights Watch, spesso i tribunali non ufficiali dei villaggi non applicano le leggi.
Si comprende, allora, come in questo contesto culturale radicalmente misogino la defecazione all’aperto porti le donne a ulteriori rischi di aggressione e violenze.
Raccontano i promotori di Toilet: A love fo story: “Il film è la vera storia di milioni di donne dell’India rurale che all’alba o al tramonto sono costrette ad andare nei campi” a sottoporsi a situazioni che non solo violano la loro intimità, ma che inevitabilmente, per le caratteristiche intrinseche, le rendono facile prede di azioni violente e discriminatorie.