Deserto Atacama, deserto vestito

Al Paso de la Mula, nel deserto di Atacama, nel Nord del Cile, c’è un cumolo di tessuti e abiti scartati sia equivalenti dalle 11mila alle 50mila tonnellate. È la seconda discarica di vestiti più grande al mondo dopo quella del Ghana.  Ma il Cile è il più grande importatore di indumenti di seconda mano del Sud America.

Tutto in fiamme

Tempo fa una pila degli abiti dismessi è andata in fiamme. Quando è accaduto, il caso ha voluto che fosse programmata una visita nel sito di studenti dell’Osservatorio Santiago Fashion System dell’Università Diego Ortales, guidata da Angela Astudillo, fondatrice dell’Ong Desierto Vestido dedita al riciclaggio dei tessuti usati.

La conoscenza del luogo di Astudillo ha permesso al gruppo di entrare nel sito nonostante il divieto posto dalle autorità municipali per l’incendio.

E hanno visto “l’inferno” come ha raccontato poi uno degli studenti. Ondate di calore, fumo nero, aria densa che prendeva alla gola e intasava le narici e l’odore acido della plastica fusa rendevano molto difficile respirare.

Nonostante tali condizioni difficilissime il gruppo universitario è riuscito a prelevare campioni delle parti incombuste della catasta.

Alto Hospicio e il porto franco di Iquique

El Pais che ha riportato la storia, scrive che ad Alto Hospicio e nella vicina regione del deserto di Atacama non piove da 14 anni; grande l’escursione termica con la temperatura oscilla di media tra i 5° C della minima notturna e i 40°C della massima diurna.  Una condizione asciutta e calda che aumenta l’impatto ambientale dal cumolo di roba formato prevalentemente da fibre non biodegradabili, sintetiche e derivate dal petrolio, e, paradossalmente, è provvidenziale per il mantenimento dei capi.

Sei mesi prima dell’incendio, avvenuto nel giugno 2022, Martin Bernetti reporter dell’Agence France Presse, aveva scattato un’immagine dall’alto, poi diventata famosa, che mostrava il mucchio di abiti.  Le fiamme hanno cancellato la catasta e liberato nell’aria tossine che si espandono su Alto Hospicio uno dei luoghi più poveri del Cile, una sorta di quartiere dormitorio della metropoli costiera di Iquique.

È nel porto di Iquique, infatti, che arrivano i container pieni di vestiti scartati dall’Europa, Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. Nessuno sa, prosegue El Pais, quanti ne transitano ogni anno: le stime variano tra i 60mila e i 44 milioni di tonnellate.

Depositate su camion a pianale, le balle  vengono trasportati a Zofri, zona di libero scambio, dove sorgono i magazzini di 52 importatori di indumenti usati.

Le balle dei vestiti vengono vendute intere ai commercianti che comprano “ad occhi chiusi”. A volte va bene, altre volte l’80% dei capi risulta inutilizzabile, eppure, essendo a basissimo costo, il compratore dovrebbe venderne almeno il 40% della balla per trarne profitto.

Economia informale 

Ma da quando nel 2001 Manuela Medina, ex giardiniera, vide un’opportunità nella crescente abbondanza tessile di Iquique, iniziando ad accumularla per rivenderla ai commercianti, si è creato una sorta di filiera di economia informale che porta i residenti di Alto Hospicio, pur consapevoli del danno ambientale, a considerare l’abbigliamento usato un’opportunità.

Ed effettivamente in qualche modo sostiene l’economia locale.

Le micro discariche

Ma le pile degli abiti sono troppe: secondo Astudillo nel deserto ci sono fino a 200 micro-discariche e l’abbandono degli abiti è continuo: “Lo buttano via, lo bruciano subito”. Così aumenta l’avvelenamento dell’aria e della terra.

Mentre il gruppo di difesa ambientale globale Ekō, stima che l’85% degli indumenti usati importati a Iquique rimangano invenduti.

Sentenze e provvedimenti locali. Ma la mancanza di etica è globale 

La legge cilena afferma che è illegale smaltire i prodotti tessili.

Nel corso degli anni ambientalisti hanno portato la questione in tribunale pur di trovare una soluzione. Nel dicembre 2023 una sentenza definitiva ha incaricato un’unità di esperti di effettuare una relazione in loco sull’accumulo degli abiti in diverse aree dell’Alto Hospicio, per trovare poi una soluzione adeguata.

Nel frattempo il Comune ha dichiarato di non avere le risorse per affrontare adeguatamente il problema, però ha installato circa 100 telecamere lungo le principali autostrade per monitorare gli inquinatori, a ed emettere multe fino a 360 dollari per le discariche illegali.

Finora sono stati fermati i camion che trasportavano rifiuti domestici e industriali, nonché oggetti ingombranti come materassi, lavatrici e mobili.

Nell’autunno del 2022, il sindaco di Alto Hospicio ha riconosciuto il problema irrisolto, ma ha incolpato i produttori di abbigliamento per la loro “mancanza di consapevolezza globale della responsabilità etica”. “La nostra terra è stata sacrificata”, ha lamentato.

Servono nuovi progetti per i rifiuti tessili

Per la menzionata Università Diego Ortales è necessaria una soluzione che includa la regolamentazione dell’ingresso dei materiali tessili in Cile, l’educazione dei consumatori sull’estensione della vita utile dei capi di abbigliamento, la promozione dell’industria della moda cilena e il sostegno alla ricerca per progettare nuovi usi per i rifiuti tessili.

 

Immagine: Alto Hospicio (Deserto Atacama- Cile), l0 Ong Desierto Vestido impegnata nel riciclaggio degli abiti usati, in quelle che è una delle discariche di abiti del mondo – Foto tratta dalla pagina Facebook della Ong

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