I nipoti delle “Abuelas de plaza de Mayo”. La campagna per il diritto all’identità parte da Roma Tre
Fra il 1976 e il 1983 in Argentina la dittatura si macchiò di crimini e violenze. Furono circa 30.000 le persone scomparse, tra questi si conta un numero ingente di bambini, figli appunto dei desaparecidos rubati come bottino di guerra. Le “Abuelas de Plaza de Mayo” hanno avviato campagne per il ritrovamento dei loro nipoti ancora vivi. La ricerca, prima compiuta solo in Argentina, ora si è allargata anche all’estero e in particolare in Italia dove sono forti i vincoli con il paese sudamericano.
Lo scorso anno l’Ambasciata argentina ha dato avvio ad una iniziativa, Campagna per il diritto all’identità, volta a restituire un’identità a questi bimbi, figli dei desaparecidos, lanciando un appello da diffondere attraverso la rete delle Università italiane. Chiunque sia nato fra il 1975 e il 1980 e abbia dei dubbi sulla propria identità e provenienza può contattare l’Ambasciata Argentina in Italia e ricevere in piena riservatezza l’assistenza dai funzionari. ddhh_eital@mrecic.gov.ar .
Ad oggi in Argentina si contano ben 110 ritrovamenti di giovani, ma ne restano quasi 400 da rinvenire e sembra che possano risiedere proprio nella nostra penisola. Per questo, Roma Tre, ateneo della capitale, ha preso parte all’iniziativa mettendo in rete una pagina web dedicata a tale ritrovamento dove è possibile anche scaricare i video di chi ha recuperato la propria storia personale. In poche parole per sensibilizzare i fruitori del web, si possono toccare con mano le testimonianze di chi finalmente ha cancellato perplessità e dubbi inerenti il proprio albero genealogico, scoprendo finalmente le proprie origini. La pagina Facebook per amplificare l’attività di scouting.
Ed eccola qui la storia, ancella del passato, bussare di continuo alla porta del nostro presente, secolo delle neo tecnologie che rendono palpabile una vicenda di orrore apparentemente lontana; distante nel tempo, oltreconfine eppure così vicina. Questo richiamo di speranza ci ricorda che siamo tutti cittadini attivi che godono di diritti umani. Primo fra tutti il diritto di sapere, di conoscere la propria provenienza. E ancora: Il diritto di ritrovare la propria discendenza.
Chissà forse sarebbe per alcuni più opportuno lasciare i superstiti nell’oblio della propria inconsapevolezza. Perché perturbare la loro esistenza? Meglio non sapere e non far sapere piuttosto che sconvolgere la vita di chi è già sul nascere una vittima. Eppure, di contro, non si può biasimare chi vuole ri-trovare un nipote. Infondo, voler incontrare il figlio del proprio figlio può essere un modo per far rivivere quell’affetto spezzato, strappato da quella barbarie quotidiana, una sistematica follia.
Una campagna dunque che rende vivi i diritti umani, laddove il silenzio anela ad una cancellazione dei tanti omicidi di massa, delle troppe decapitazioni di ieri e di oggi. Ebbene ogni mostruosità è resa ancor più cruenta dall’indifferenza, segno di un’insana abitudine, una moda dei tempi. Così, ad essere leso è proprio il desiderio di giustizia, un senso del dover essere che lascia spazio a nuove forme di diseguaglianza e razzismo, pensieri nefasti che offendono l’intero genere umano
Dove finisce oggi la condanna internazionale per crimini di lesa umanità? Le frontiere si chiudono, nessun accesso alle disperazioni altrui. Resta solo il decesso lento della dignità.