PIIGS. Come imparai a preoccuparmi e a combattere l’austerity
Esce nelle sale il 30 marzo 2017, distribuito da Fil Rouge Media “PIIGS – Ovvero come imparai a preoccuparmi e a combattere l’austerity”, documentario ideato, scritto e diretto da Adriano Cutraro, Federico Greco e Mirko Melchiorre. Prodotto da Studio Zabalik e con una canzone del gruppo Lo Stato Sociale, il film è un viaggio nel cuore della crisi economica europea. Lo riporta il sito Cinecittà news.
Realizzato dopo cinque anni di ricerche e due di riprese, è un’immersione senza censure nei dogmi dell’austerity guidati da economisti, intellettuali ed esperti internazionali – tra questi Noam Chomsky (nella foto a lato e in copertina), Erri De Luca, Yanis Varoufakis, Federico Rampini, Stefano Fassina, Warren Mosler, Paolo Barnard. La voce narrante è di Claudio Santamaria.
Il documentario racconta anche le dirette conseguenze dell’austerity a Roma, concentrandosi sulla storia ‘esemplare’ della sopravvivenza della Cooperativa sociale “Il Pungiglione” che assiste disabili e persone svantaggiate a Monterotondo.
Pur avendo un credito di un milione di euro dal Comune e dalla Regione, rischia di chiudere per sempre: 100 dipendenti perderanno il lavoro e 150 disabili rimarranno senza assistenza.
Piigs è stato realizzato attraverso l’autofinanziamento. La partecipazione dei personaggi sopra elencati è stata a titolo gratuito, avendo riconosciuto il valore sociale del documentario.
Piigs è un acronimo che sta per Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, coniato nell’accezione dispregiativa da settimanale britannico The Economist nel 2008, anno che segna la crisi economica ancora in atto. Con Piigs, quindi, nelle intenzioni del giornale, c’era la volontà di indicare questi paesi come “brutti e cattivi”, causa dei loro problemi nei quali coinvolgevano il resto dell’UE.
Forse i Piigs non si sono contraddistinti per rigore nel corso della loro – peraltro complessa – storia, ma di certo non sono stati la causa della crisi economica che ha sconvolto il mondo. A provocarla, paradossalmente, sono stati i “buoni e belli” della finanza statunitense. E, ancora a oggi, non ci risulta che nei loro confronti siano state prese le misure necessarie per riportare la finanzia al servizio dell’economia reale come dovrebbe essere per contribuire alla salute del pianeta.