Studio e lavoro. Premiamo l’alternanza
I primi vagiti dell’alternanza scuola-lavoro stanno comportando un autentico trambusto nel mondo della scuola. Accordi e disaccordi in mezzo al cui mare, navigano a vista, gli studenti, che forse a loro insaputa, stanno vivendo un’esperienza che li renderà più autonomi. Un’opportunità per i figli delle stelle virtuali, ma che docenti, famiglie e studenti faticano ad accogliere per sovrapposizioni tra didattica formale ed informale.
Che cosa è l’alternanza scuola-lavoro
Il programma alternanza scuola- lavoro nell’ambito della Buona scuola (legge 107/2015 del Governo Renzi sulla Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione ) prevede per il triennio della scuola secondaria di II grado dei moduli didattico-informativi, svolti in classe e/o in azienda, e in moduli di apprendimento pratico all’interno del contesto lavorativo.
L’obiettivo è quello di permettere agli studenti di iniziare a familiarizzare con le competenze sia coerenti con il proprio percorso di studi, che con quelle trasversali necessarie ad ogni persona che entra in contatto con una dinamica di gruppo sia lavorativa che personale.
Il concetto di competenza intesa come messa in atto di conoscenze e abilità è alla base della costruzione dell’identità della persona. Un programma, dunque, agli albori, al momento imposto dall’alto ma che, ci auguriamo, con una corretta organizzazione possa diventare uno strumento utile non solo per gli studenti ma per la stessa didattica.
La barriera più spessa da infrangere è il monte ore. In tre anni, gli studenti devono svolgere 400 ore di alternanza, fuori o all’interno dell’orario scolastico.
Le ore da svolgere sono tante ed è necessario uno sforzo, non indifferente, di organizzazione didattica che richiede il coinvolgimento attivo dei due elementi sostanziali per la formazione di una persona: la comunità educativa (docenti, studenti e famiglie) e la realtà aziendale e professionale. Ci possiamo provare, ne vale la pena.
Bonus scuola-lavoro: capitalizziamo il saper essere e il saper fare
Ecco dunque una proposta che viene da un docente nel suo ruolo più pieno, quello di facilitatole della conoscenza e motore propulsore di progetti di vita, Danilo Bughetti, docente dell’Istituto Tecnico Von Neumann di Roma. Siamo andati a trovarlo a scuola per approfondire l’idea formativo-professionale del Bonus Scuola.
Come nasce l’idea di istituire un Bonus Scuola per gli studenti? Un termine che sicuramente associamo a una forma di premiazione.
L’idea inizia a prendere forma dal ventaglio di suggestioni che mi arrivavano esplicitamente o implicitamente dagli studenti. Lamentele per un inutile alternanza, da cui non ricavavano nessun beneficio; insoddisfazioni per non vedersi riconosciuti lo sforzo e l’impegno nello studio. Un’assenza di concretezza nelle loro attività quotidiane che si ripercuote nella sbiadita speranza di un futuro professionale.
Un malessere generale dunque che le ha suggerito la necessità di ideare qualcosa di concreto?
Ho sentito forte il bisogno di offrire ai miei studenti uno strumento concreto, reale, immediato, con cui potessero visualizzare i loro risultati sia per il presente che per un domani lavorativo. Il voto di per sé non ha una valenza gratificante, i ragazzi che vogliono apprendere per migliorarsi e formarsi professionalmente, non si sentono stimolati da una valutazione numerica. Compito del docente è quello di accrescere la loro cultura, capendo le loro esigenze e bisogni. Attualmente è forte il senso di frustrazione dei ragazzi, per una mancanza di certezze verso il futuro e verso il proprio percorso.
Il Bonus Scuola dunque andrebbe ad incentivare sia l’attitudine verso il sapere che a rafforzare la fiducia dello studente nel proprio futuro. Come si articolerebbe?
L’idea è quella di associare ad ogni valutazione un importo in euro pari al voto stesso. Tutte le valutazioni ottenute durante l’anno scolastico si andranno a sommare costituendo un ” bonus”, per ogni anno scolastico superato (per la costituzione del Bonus non saranno conteggiate le valutazioni dell’A.S. non superato). Al termine del proprio percorso di studi ogni studente avrà a disposizione un BONUS costituito dalla somma dei Bonus di ogni anno scolastico. La conversione in euro sarebbe molto semplice da attuare poiché la maggior parte delle scuole è dotata di registro elettronico.
Dato che si tratta di una proposta nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, il fatidico bonus scatterebbe dal terzo anno .
La creazione di questo Bonus, che valorizza il percorso delle eccellenze, si legherà fortemente al mondo del lavoro in ogni ambito, poiché qualunque azienda potrà assumere un diplomato, utilizzando il bonus con diverse modalità.
Il sistema andrebbe ad incentivare l’assunzione giovanile abbattendo l’altissimo tasso di disoccupazione attuale, avvierebbe subito al lavoro tanti ragazzi senza esperienze lavorative e valorizzerebbe le eccellenze poiché sarebbero le più ricercate.
In che modo l’azienda potrebbe “recuperare” questo bonus e perché secondo lei lo studente si sentirebbe gratificato dal bonus?
Se noi docenti convertiamo i voti in capitale economico, forse lo studente valuterà il voto, non solo come conoscenza acquisita, ma come capitale per il suo percorso lavorativo. Per esempio, se uno studente arriva al diploma di maturità con un bonus di 5000 euro, questa somma sarà la paga base del neo-lavoratore. In termini capitalistici potremmo dire che l’azienda che paga per il valore dello studente ha un notevole risparmio e, allo stesso tempo, lo studente non fa un tirocinio gratuito, come spesso accade, per il primo anno di lavoro. Potrà essere lo stesso studente a scegliersi e proporsi l’azienda. Si potrebbe, con il supporto istituzionale, coniare una moneta virtuale.
Lei ha fatto l’esempio di 5000 euro, ma non sono un po’ pochi per un anno di lavoro? Si rischia comunque di incorrere nel fenomeno del sotto pagamento.
Alcuni studenti mi hanno posto la stessa obiezione, appellandosi allo sfruttamento del lavoro. L’azienda può usarlo come credito di imposta o sgravio fiscale. La detrazione fiscale è un ottimo incentivo per le aziende. Lo studente, che non ha esperienze lavorative, con il bonus si garantisce un anno in azienda e qualora vada all’estero, può vantare un anno di formazione professionale certificata. E poi, c’è sempre la possibilità di accrescere il bonus, con un impegno scolastico maggiore.
La conversione in euro dei risultati scolastici, non potrebbe essere un’arma a doppio taglio per gli studenti. Benissimo per chi ha ottimi risultati, ma forse una penalizzazione per chi arranca con difficoltà.
Lo studente che non vanta un buon percorso scolastico, evidentemente, non sarà avvantaggiato dal bonus, ma può supporre una motivazione con una doppia valenza. Potrebbe essere stimolato ad impegnarsi di più o, in caso di indirizzo non congruo alla propria natura, potrebbe costituire uno stimolo a rivolgersi a percorsi più affini alle sue aspirazioni e attitudini con il supporto dei docenti, familiari e consulenti di orientamento. La più grande difficoltà del ragazzo è di sapere, ha bisogno di indicazioni per il futuro. Un percorso non corretto non fa che alimentare frustrazione e senso di impotenza.
In tempi della tanto de-cantata valutazione del merito della scuola, il bonus potrebbe rappresentare anche una forma di cartina tornasole per la scuola?
Se il sistema da me delineato, entrasse in vigore, costituirebbe una reciproca valutazione; il Miur/Ministero del lavoro potrebbe mettere a disposizione un database di aziende e operare una valutazione di dati incrociati.
Un ragazzo con un bonus sostanzioso è davvero bravo in azienda? Uno studente con un bonus scarso ha dimostrato buone competenze per il mondo del lavoro? Una valutazione doppia, quindi. Nella mia proposta ho tenuto conto anche delle direttive del Governo che auspica una valutazione del merito per dirigenti, docenti, studenti e la scuola nel suo complesso. Inoltre la costituzione del database permetterebbe un incontro diretto tra aziende ed ex studenti.
Tradurre in euro, il percorso di alternanza scuola-lavoro è una sorta di visualizzazione del sapere ed dell’esperienza, ossia della cultura. Il dado è stato lanciato. Ora spetta alle istituzioni a trasferire le proposte in norme.
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